Milano, 30 gennaio 2024 – Mentre i prestiti alle aziende continuano a diminuire, il factoring tiene e chiude il 2023 con un turnover leggermente superiore (+0,87%) a quello dell’anno precedente: 290 miliardi di euro, un valore pari a circa il 15% del Pil, è il dato calcolato da Assifact, l’Associazione per il factoring che riunisce gli operatori del settore. Segni positivi al 31 dicembre 2023 anche per l’outstanding, i crediti in essere (70 miliardi di euro, +1,17%) e degli anticipi/corrispettivi pagati (58 miliardi di euro, +0,03%).
Al termine di un anno difficile il factoring si conferma quindi uno strumento decisivo per la gestione del capitale circolante delle imprese. Invece la domanda di prestiti bancari nel 2023 ha continuato a indebolirsi, anche per la rigidità dei criteri di offerta, coerentemente con l’orientamento restrittivo della politica monetaria. Bankitalia ha registrato a fine novembre un calo del 4,8% sui 12 mesi. La riduzione è stata più forte per le imprese con meno di 20 addetti (-9,2%, contro il -4,4% per le imprese di grande dimensione). La flessione, ha segnalato Bankitalia, si è acuita nel settore delle costruzioni e si è attenuata in quello dei servizi, mentre è rimasta sostanzialmente invariata nella manifattura.
Intanto Assifact è scesa in campo a difesa delle imprese che vantano crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione e che rischiano di essere penalizzate dalle nuove norme sul ripianamento del disavanzo delle Regioni a statuto ordinario. Queste prevedono una definizione transattiva dei debiti commerciali della PA nei confronti dei fornitori. In particolare, si riconosce alle Regioni che presentano un disavanzo pro capite al 31 dicembre 2021 superiore a 1.500 euro, un contributo annuo di 20 milioni di euro per gli anni dal 2024 al 2033. Le regioni devono preparare un piano di rilevazione dei debiti commerciali esigibili al 31 dicembre 2023 e devono avvisare i creditori, i quali devono presentare istanza di ammissione al piano nel termine indicato, pena la cancellazione automatica del loro credito. Valutato l’importo complessivo di tutti i debiti inclusi nel piano, le regioni propongono individualmente ai creditori la definizione transattiva del credito offrendo il pagamento di una quota variabile tra il 40 e l’80%, secondo l’anzianità del credito. La procedura prevede il blocco delle azioni esecutive e la transazione prevede la rinuncia ad ogni altra pretesa. Dalle nuove norme, sostiene Assifact, “emerge un sacrificio a carico dei creditori (cancellazione automatica del credito, improcedibilità delle azioni esecutive già avviate, impignorabilità delle somme) non bilanciato da un sistema di tutela equivalente. Si chiede anzi al creditore di rinunciare a una percentuale rilevante del proprio credito. Tali previsioni appaiono pertanto gravemente inique per i creditori della Pubblica Amministrazione e persino censurabili dal punto di vista della legittimità costituzionale”.