La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta all’Italia il mancato rispetto della direttiva europea sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

A seguito della procedura di infrazione avviata nel 2018 dalla Commissione europea a carico dell’Italia per la mancata applicazione delle norme Ue sui tempi dei pagamenti della pubblica amministrazione (direttiva 2011/7/UE), dimostrata sulla base dei tempi medi di pagamento osservati su più anni superiori ai limiti stabiliti dalla normativa, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 28 gennaio 2020 (causa C-122/18), ha formalmente constatato che “la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tali disposizioni”, “non assicurando che le sue pubbliche amministrazioni rispettino effettivamente i termini di pagamento stabiliti all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transa-zioni commerciali”.

In sostanza, per la Corte di giustizia UE l’Italia avrebbe dovuto assicurare l’effettivo rispetto di termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario da parte delle sue pubbliche amministrazioni, in qualità di debitrici nell’ambito delle transazioni commerciali con le imprese.

A supporto di tale decisione, la Corte ricorda che:

  • l’art.4 della direttiva impone agli Stati Membri, con riferimento esplicito alle transazioni con la PA, due obblighi complementari: assicurare il rispetto di un periodo di pagamento non superiore a 30 giorni di calendario per la Pubblica Amministrazione (salvo proroga a 60giorni per casistiche limitate e specifiche) e assicurare il diritto del creditore agli interessi dimora senza che sia necessario un sollecito.
  • l’interpretazione di tali disposizioni deve necessariamente tener conto, oltre che dalla formulazione letterale, anche degli scopi e del contesto della normativa stessa. Lo scopo della normativa, enunciato dall’art. 1 della stessa, è la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali che condizionano il corretto funzionamento del meccanismo della concorrenza, influenzano la competitività e penalizzano le PMI. Il contesto della normativa è evidenziato dalla differenza di tenore fra l’articolo che disciplina le transazioni commerciali fra imprese private e quello che disciplina le transazioni commerciali fra imprese e pubblica amministrazione. Nel primo caso si sancisce solo il diritto automatico del creditore agli interessi di mora mentre nel secondo caso si sancisce espressamente anche il rispetto dei termini di pagamento da parte della PA. Tale previsione fra l’altro era assente nella prece-dente direttiva sui ritardi di pagamento del 2000 ed è stata aggiunta appositamente nella direttiva del 2011.
  • alla luce di quanto sopra, si deduce un obbligo “rafforzato” nelle transazioni con la pubblica amministrazione che si traduce per lo Stato Membro nell’obbligo di assicurare non solo il rispetto dei termini contrattuali di pagamento e la corresponsione degli interessi di mora ma anche assicurare il rispetto effettivo dei termini di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. Non può essere accolta l’interpretazione secondo cui lo Stato membro non può essere ritenuto responsabile di inadempimenti delle singole pubbliche amministrazioni che agiscono nell’ambito di transazioni commerciali al di fuori dalle prerogative dei pubblici poteri perché ciò priverebbe di effetto utile proprio la direttiva stessa.