Rapporto BankIt Lombardia: le fonti di finanziamento nel 2024

Nel contesto italiano, l’attenzione pubblica si concentra sulle fusioni bancarie, trascurando invece il calo del credito alle imprese e la crescita dei finanziamenti da parte di operatori non bancari. In Lombardia, i prestiti bancari sono diminuiti, mentre private equity e venture capital hanno registrato un’espansione significativa. Questo segnala una progressiva “debancarizzazione” del sistema finanziario. Il fenomeno solleva interrogativi sul futuro del ruolo bancario nell’economia reale, aggravati dalla chiusura di sportelli e dalla perdita di occupazione nel settore

L’attenzione dell’opinione pubblica nei riguardi dell’attività bancaria nel nostro paese è da qualche tempo concentrata sulle ipotetiche acquisizioni e fusioni annunciate, che in verità non provocherebbero grandi cambiamenti strutturali e funzionali delle banche italiane. Assai meno essa riguarda invece alcune importanti modificazioni in corso sia nella propensione delle banche alla concessione del credito all’economia sia nello sviluppo dei finanziamenti alle imprese concessi da intermediari non bancari, come quelli impegnati nel private equity e nel venture capital.

Su queste due importanti variabili è intervenuta Banca d’Italia, che le ha attentamente analizzate nel suo rapporto annuale sull’economia della Lombardia presentato nello scorso mese di giugno, il quale peraltro sottolinea che tale economia ha continuato a crescere anche nel 2024.

Da esso emerge che i prestiti bancari alle imprese lombarde in quell’anno sono diminuiti di 3.3 miliardi di euro e che la loro contrazione è proseguita anche nel corso di questa prima parte del 2005, interessando soprattutto quelli alle imprese manifatturiere e delle costruzioni. Le cause di tale fenomeno sembrano dovute essenzialmente alla debolezza della domanda, più accentuata per le piccole imprese e connessa anche alla riduzione dei fabbisogni finanziari per il sostegno dei loro investimenti, i quali sono molto calati nel periodo considerato, ma sono anche dovute alla maggior prudenza delle banche, che le induce a ridurre le attività più rischiose come sono i finanziamenti in questione. In effetti si è prodotta una sempre più stretta correlazione fra l’andamento di questi ultimi e la solidità delle imprese richiedenti credito e di quelle affidate.

Ciò nonostante, la rischiosità dei finanziamenti bancari alle imprese lombarde è peggiorata, mantenendosi peraltro su livelli contenuti nel contesto storico. Il flusso dei nuovi prestiti bancari deteriorati è stato pari a circa 4 miliardi di euro incidendo per l’1,9% dei crediti in bonis all’inizio del 2024.

Un discorso generale ben diverso riguarda l’andamento delle fonti di finanziamento non bancarie, malgrado una certa stasi nelle emissioni di obbligazioni e negli interventi dei fondi di private debt nonché in seguito alla forte diminuzione dell’ingresso di nuove imprese sui mercati borsistici e ai sempre più numerosi delisting. A tali fenomeni si è infatti contrapposto un grande sviluppo dei finanziamenti degli intermediari specializzati nel private equity di imprese con sede in Lombardia, che si sono avvicinati ai 9 miliardi di euro nel 2024 contro i 3.6 miliardi del 2023 rappresentando il 60% del totale degli investimenti private equity registrati in Italia in corso d’anno. Si è anche assistito ad un altrettanto forte sviluppo dei finanziamenti degli intermediari specializzati nel venture capital, i quali hanno ripreso a crescere proseguendo una tendenza espansionistica iniziata nel 2018.

Tali investimenti nelle imprese lombarde hanno raggiunto la somma di 430 milioni di euro nel 2024 rappresentando più del 60% del loro totale per l’intero paese. Essi hanno riguardato iniziative imprenditoriali ad alto contenuto di innovazione e, mentre un tempo avevano privilegiato le imprese lombarde quasi esclusivamente nelle fasi iniziali della loro attività, attualmente coinvolgono maggiormente quelle in uno stadio di sviluppo già consolidato.

Sono pochi dati che meritano tuttavia alcune considerazioni, la prima delle quali riguarda il fatto che si riferiscono alla Lombardia, la regione finanziariamente ed economicamente più avanzata d’Italia, che in realtà non è necessariamente rappresentativa di ciò che accade nell’intero paese. Ciò nonostante quanto avviene in tale regione interessa molto non solo per le specifiche caratteristiche del suo modello di finanziamento alle imprese, ma anche perché tale modello sarà prima o poi adottato anche altrove, seguendo un effetto di trascinamento che ha già coinvolto nel corso del tempo altri aspetti dell’attività economica, finanziaria e bancaria.

Anche da noi infatti il diverso andamento dell’attività bancaria e di quella delle shadow bank, comprese quelle che si occupano di private equity e di venture capital, ha dato origine alla cosiddetta “debancarizzazione“ che, se da un lato sembra irreversibile, dall’altro lato sembra anche preoccupante. La preoccupazione aumenta anche perché la debancarizzazione presenta un ulteriore aspetto, peraltro strettamente collegato a quello appena esaminato, che si sta sviluppando rapidamente e costantemente, cioè quello concernente la chiusura di centinaia di sportelli e la riduzione massiccia dei lavoratori bancari, che rende sempre più difficile e problematico il rapporto fra le banche e i loro clienti attuali e potenziali e, quindi, con l’economia reale.

Qualcuno afferma che tutto questo, in verità, dovrebbe non preoccupare più di tanto perché la riduzione dell’attività bancaria, confermata peraltro da vari elementi che non ho considerato in questa sede, può essere bilanciata dal maggior utilizzo dell’IT, della digitalizzazione dei servizi e dell’avvento della IA, ma l’esperienza sta dimostrando che, nonostante i progressi già realizzati, non è proprio così e che, in ogni caso, affinché questo bilanciamento possa avere successo occorrono tempi piuttosto lunghi e nel frattempo tante altre cose non piacevoli per lo sviluppo dei rapporti fra mondo bancario e economia reale potrebbero complicarlo.