Prestazioni sanitarie e ritardi nel pagamento da parte del SSN: si applicano gli “interessi commerciali”

La giurisprudenza ha chiarito che le prestazioni sanitarie fornite da strutture private accreditate al SSN, in forza di contratti scritti stipulati dopo l’8 agosto 2002, rientrano nelle “transazioni commerciali” ai sensi del D.lgs. 231/2002, con diritto agli interessi moratori in caso di ritardo nei pagamenti. Diversa è la disciplina per le farmacie

La questione relativa all’applicabilità degli interessi “commerciali”, ossia quelli previsti dal Decreto Legislativo 09/10/2002, n. 231, ai ritardi nei pagamenti da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate e farmacie, è stata oggetto di un’evoluzione giurisprudenziale significativa, culminata con interventi chiarificatori delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

  1. Il D.lgs. 231/2002 e la nozione di “transazione commerciale

Il D.lgs. 231/2002, attuativo della direttiva 2000/35/CE (poi sostituita dalla direttiva 2011/7/UE), ha introdotto una disciplina specifica per contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del decreto, per “transazioni commerciali” si intendono:

i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo.

La successiva lett. b) definisce la “pubblica amministrazione” in senso ampio, includendo le amministrazioni dello Stato, le regioni, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici, e altri organismi di diritto pubblico. La lett. c), invece, definisce “imprenditore” “ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione”.

Gli artt. 4 e 5 del D.lgs. 231/2002 stabiliscono, rispettivamente, la decorrenza automatica degli interessi moratori dalla scadenza del termine di pagamento (senza necessità di costituzione in mora) e il saggio degli interessi, significativamente più elevato rispetto al tasso legale ordinario (pari al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea maggiorato di otto punti percentuali).

  1. L’orientamento consolidato per le Strutture Sanitarie Private Accreditate

La giurisprudenza, in particolare quella di legittimità, si è progressivamente consolidata nel ritenere che i rapporti tra le strutture sanitarie private accreditate e il SSN (o le ASL competenti) per l’erogazione di prestazioni sanitarie rientrino nella nozione di “transazione commerciale” ai sensi del D.lgs. 231/2002.

Un punto di svolta fondamentale è rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 35092 del 14/12/2023.

Tale pronuncia ha infatti stabilito il seguente principio di diritto:

le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio Sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui all’art. 2 del d.lgs. 231/2002. Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte dell’amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 d.lgs. n. 231/2002.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che l’accreditamento istituzionale è una condizione di legittimità, ma il rapporto che dà diritto al corrispettivo si fonda sui successivi accordi contrattuali (spesso definiti “contratti di servizio” o “accordi contrattuali”) stipulati tra la struttura privata e l’ente pubblico.

Questi accordi, che definiscono i volumi e le tipologie di prestazioni erogabili e la relativa remunerazione, configurano un contratto a prestazioni corrispettive, dove la struttura privata (imprenditore) fornisce un servizio dietro pagamento di un prezzo da parte della pubblica amministrazione.

La Corte Suprema ha sottolineato come tale interpretazione sia conforme alle finalità delle direttive europee, volte a tutelare le imprese (incluse quelle sanitarie) dai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, ritardi che possono compromettere la loro stabilità finanziaria e, di riflesso, l’efficienza dei servizi sanitari.

Condizioni per l’applicabilità del D.lgs. 231/2002 alle strutture accreditate:

  • Natura del soggetto erogatore: Deve trattarsi di un “imprenditore” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c) del D.lgs. 231/2002
  • Esistenza di un contratto scritto: Il contratto tra la struttura privata accreditata e la P.A. deve essere stipulato in forma scritta ad substantiam, a pena di nullità, conformemente ai principi generali sui contratti della pubblica amministrazione. L’accreditamento da solo non è sufficiente a far sorgere il diritto alla remunerazione o all’applicazione degli interessi commerciali in assenza di un successivo accordo contrattuale scritto.
  • Oggetto del contratto: Deve comportare la prestazione di servizi sanitari contro il pagamento di un corrispettivo.
  • Momento della stipula del contratto: Il contratto specifico che regola la prestazione e il pagamento deve essere stato concluso dopo l’8 agosto 2002, data di entrata in vigore del D.lgs. 231/2002. Anche se la convenzione di accreditamento originaria è anteriore, ciò che rileva sono i singoli contratti di prestazioni sanitarie successivi a tale data.
  1. La distinta posizione delle Farmacie

Una disciplina parzialmente diversa si applica, invece, ai rapporti tra le farmacie e il SSN per l’erogazione di assistenza farmaceutica.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26496 del 20/11/2020, hanno affrontato specificamente la questione degli interessi dovuti alle farmacie. In tale contesto, assume rilievo il D.P.R. 08/07/1998, n. 371, che ha recepito l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie. Tale D.P.R., all’art. 8, comma 5, prevede che, in caso di ritardato pagamento, “non potranno essere riconosciuti interessi superiori a quelli legali”.

La giurisprudenza ha interpretato questa disposizione come una lex specialis che deroga alla disciplina generale del D.lgs. 231/2002. Pertanto, per le prestazioni farmaceutiche erogate in convenzione, gli interessi moratori sono generalmente dovuti nella misura del tasso legale e non secondo il più elevato saggio previsto dal D.lgs. 231/2002.

Le Sezioni Unite del 2020 hanno sottolineato che l’accordo collettivo recepito nel D.P.R. n. 371/1998 (tuttora in vigore) “reca una disciplina convenzionale specifica ed autonoma di tutta la materia relativa al completo ristoro spettante al creditore, in caso di ritardato pagamento da parte dell’Azienda Sanitaria dell’obbligazione pecuniaria nascente dall’erogazione dei medicinali agli assistiti dal SSN”.

Le stesse Sezioni Unite, nella successiva sentenza n. 35092/2023, hanno ribadito la distinzione, evidenziando che: “Non vi sono elementi per assimilare, come sostiene la ASL controricorrente, le società private che svolgono in favore degli assistiti del SSN prestazione di servizi alle farmacie (là dove dispensano farmaci salvavita: è questa la circoscritta affermazione contenuta in Cass. S.U. n. 26496 del 2020) e di considerarle pertanto, sotto il profilo soggettivo, un segmento del Servizio Sanitario nazionale, né per ritenere che debbano anch’esse essere sottratte, in caso di ritardi nei pagamenti da parte dell’Amministrazione pubblica, all’ambito di applicabilità della disciplina, di ispirazione comunitaria, che compensa con interessi particolarmente elevati […] il ritardo nel pagamento”.

  1. Possibili riflessi sul factoring

La questione relativa all’applicabilità degli interessi moratori ex D.lgs. 231/2002 ai crediti derivanti da prestazioni sanitarie può incidere significativamente sulle operazioni di factoring.

Valutazione del rischio del credito ceduto: Le società di factoring, prima di acquisire crediti da strutture sanitarie, devono valutare attentamente il rischio di recupero, che include la solvibilità del debitore (in questo caso, l’ASL o il SSN) e la certezza del diritto al pagamento degli interessi moratori in caso di ritardo. La consolidata giurisprudenza favorevole all’applicazione del D.lgs. 231/2002 rende più appetibili tali crediti per le società di factoring, in quanto aumenta la probabilità di ottenere un rendimento adeguato anche in caso di ritardi nei pagamenti.

Determinazione del prezzo di cessione: Il tasso di sconto applicato dalla società di factoring al valore nominale del credito ceduto dipende, tra l’altro, dalla valutazione del rischio di ritardo nei pagamenti e dalla prevedibile entità degli interessi moratori. Se è ragionevolmente certo che gli interessi ex D.lgs. 231/2002 saranno dovuti in caso di ritardo, il tasso di sconto potrebbe essere inferiore, rendendo l’operazione di factoring più vantaggiosa.

Gestione del recupero crediti: In caso di ritardo nei pagamenti da parte dell’ASL, la società di factoring, in quanto cessionaria del credito, ha il diritto di esigere gli interessi moratori ex D.lgs. 231/2002. La certezza di poter applicare tali interessi, che sono significativamente più elevati rispetto al tasso legale ordinario, rafforza la posizione della società di factoring nella negoziazione con l’ASL e aumenta le probabilità di un recupero integrale del credito, comprensivo di interessi e spese.

L’applicabilità del D.lgs. 231/2002 ai crediti sanitari è, dunque, un fattore cruciale per le operazioni di factoring, influenzando la valutazione del rischio, la determinazione del prezzo di cessione e la gestione del recupero crediti.