Cessione del credito P.A.: ridotto il termine per il rifiuto tempestivo
I ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione non sono una novità ma nell’ambito delle riforme del PNRR si prevedono dei target da raggiungere per garantire la tempestività dei pagamenti delle PA e delle autorità sanitarie. Nel frattempo, uno dei rimedi a tutela delle PMI è fare ricorso allo strumento del factoring e il DL 19/2024 ha ridotto il termine del rifiuto tempestivo delle cessioni di credito
Il tema dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione non è sicuramente una novità.
Il legislatore negli anni, si è sempre affannato per adeguarsi agli standard europei; ma le aziende italiane sono ben consapevoli che, quando si vantano dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione, i tempi di incasso quasi sicuramente saranno più lunghi del previsto.
Con la Circolare Ministeriale n. 17 del 9.04.2024 con oggetto specifico “Riforma 1.11 del PNRR “Riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie” – ricognizione degli strumenti a disposizione degli enti locali per garantire la tempestività dei pagamenti” si prevedono dei target da raggiungere. Per il primo trimestre 2025 (per le fatture ricevute nel 2024), con conferma entro il primo trimestre 2026 (per le fatture ricevute nel 2025) sono fissati in 30 giorni per l’indicatore del tempo medio ponderato di pagamento, con l’eccezione degli enti del Servizio sanitario nazionale il cui indicatore può arrivare fino a 60 giorni, ed in zero giorni per l’indicatore del tempio medio ponderato di ritardo.
Per rimediare e mettere un piede sull’acceleratore dei tempi di pagamento è intervenuto sempre il PNRR che pone a carico dei dirigenti pubblici una precisa responsabilità – l’articolo 4-bis, comma 2, del d.l. 13/2023, convertito in legge 41/2023 – allo scopo esattamente di garantire il rispetto delle scadenze entro le quali le Pubbliche Amministrazioni debbono onorare i propri debiti.
Sebbene alle PMI italiane dia speranza leggere che esiste – ed è programmata in una riforma – la volontà di raggiungere obiettivi per la riduzione drastica dei tempi di incasso dei pagamenti, restiamo tutti ben ancorati alla realtà.
Si pensi che, anche in via giurisprudenziale “il ritardo nel pagamento” delle Pubbliche Amministrazioni è accettato come “prevedibile” per l’imprenditore.
La Corte di cassazione sul punto si è espressa precisando che “l’attività di impresa è per sua natura rischiosa”. L’imprenditore deve fare delle valutazioni prognostiche sui pagamenti attesi e gli oneri fiscali tali da poter saper fronteggiare all’eventuale ritardo o mancato pagamento da parte del debitore.
Tutto chiaro sul rischio di impresa, ma di certo se il ritardo nel pagamento da una parte riduce o azzera la retribuzione di risultato del dirigente della P.A., dall’altro l’imprenditore che lo subisce ne esce in ogni caso danneggiato e non solo – gli viene anche detto: “eh ma non lo sapevi del rischio di impresa?”
Queste riflessioni ci portano ad una domanda: e quindi, come si può tutelare l’imprenditore?
Sicuramente uno dei rimedi è fare ricorso allo strumento del Factoring.
Cedere il proprio credito ad operatori del settore specializzati riduce il rischio di impresa.
Anche qui però è bene sapere che la cessione dei crediti della P.A. segue regole a sé, molto stringenti.
La Pubblica Amministrazione può infatti rifiutare e/o non prestare adesione alla cessione, diversamente da come accade per i privati.
A mente infatti degli artt. 70, comma 3, R.D. 2440/1923 e art. 9, all. E, Legge n. 2248/1865 viene previsto che per i crediti vantati da amministrazioni statali per i contratti ancora in corso di esecuzione, la cessione non potrà avere effetto tra le parti se la Pubblica Amministrazione non vi aderisce.
Nel “silenzio” della P.A. alla notifica della cessione è necessario sapere che per gli enti statali e territoriali vale la regola dell’“assenso”; mentre per le Aziende Sanitarie è considerato “diniego”.
Vediamo quindi come tutto è più burocratico rispetto ai rapporti tra privati.
L’altra normativa di riferimento per i crediti da corrispettivo di appalto è il comma 12 dell’art. 120 del D.Lgs. 36/2023 (codice Appalti), che disciplina all’allegato II.14 le condizioni per l’opponibilità delle cessioni prevedendo il rifiuto delle stesse sia al cedente che al cessionario, entro il termine di 45 giorni dalla notifica.
Dobbiamo qui aprire una parentesi e ritornare a quanto detto sugli interventi per rendere più snelli i pagamenti dei crediti da parte delle P.A. nei riguardi delle imprese; uno di questi è la recente modifica del termine del rifiuto di cessione.
L’art. 40 del DL 19/2024, convertito in legge, al comma 1 opera una modifica dell’Allegato II.14 al Codice dei contratti pubblici, riducendo da 45 a 30 giorni dalla notifica il termine entro il quale le stazioni appaltanti possono rifiutare le cessioni dei crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione.
Il Governo, infatti, nella relazione illustrativa per l’articolo in esame ha precisato che lo stesso è stato introdotto per favorire la riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie e quindi per consentire una completa attuazione del PNRR.
La riduzione dei tempi per il rifiuto della cessione rende quindi sicuramente più veloce ed efficiente lo strumento della cessione dei crediti derivanti da transazioni commerciali, che diventa efficace e opponibile una volta trascorsi 30 giorni di silenzio da parte della stazione appaltante, riducendo quindi le tempistiche e favorendo l’ingranaggio dei tempi di pagamento a favore delle imprese.